3ème
Mill. Qual era l’origine della vostra
sofferenza?
O.N. La relazione con il mio ex marito ha permesso
di chiarire quella origine. Infatti, egli è quel genere di individui che,
parlando con gli altri, parla solo a se stesso. E la ripetizione dei conflitti
permette di vedere che non comprende quello che
dici.
Provi
allora a trovare molte formulazioni per tentare di raggiungerlo, perché è uno
con cui vivi. Siccome non funziona, cominci a porti domande su te stessa; e in
qualche modo questo ti serve!
Ma se ti
domandi anche: “Cosa faccio se finisco questa relazione? Smetto di parlargli
perché non ha senso? A meno che io non possa andare al di là di questo”.
C’è una
parte d’inconsapevolezza in questi confronti, e incominci una terapia per
cercare di comprendere come funzioni tutto ciò. In quel momento, non stai bene,
perché capisci che non sei capita. Però
non desideri rompere la tua coppia, e vuoi capire ciò che succede in te. Poi, quando il lavoro psicologico ti fa crescere,
realizzi che non è possibile parlargli se non con si e con no. Il cambiamento
reale è impossibile; fa parte di quelle persone che non cambieranno mai. Sono
nella loro testa, è il loro modo di funzionare, e solo un atto violento nella
loro vita potrebbe forse aprirli.
Chi prende coscienza di questo, sta per
sbucciarsi. Togliere delle pelli fa rimanere senza protezione. Allora si può
vedere l’altro o gli altri più chiaramente; infatti non si è più bloccati da se
stessi. Si prende coscienza, purtroppo, della qualità degli esseri attorno a
sè. Purtroppo, purché all’inizio c’è sofferenza: quella di rendersi conto che
si è molto soli, ma collegati al tutto. Essere soli è la libertà, una libertà
cui non si crede… Infatti, all’inizio, si crede che solitudine voglia dire
isolamento; non è vero, è essere liberi da tutto.
3ème
Mill. Essere coscienti della propria
solitudine è importante nella relazione con l’altro…
O.N. Nel momento in cui si comincia a farsi delle
domande, esse importano poco: c’è il riconoscimento dei blocchi. Frasi lette in
un libro risuonano in ciò che tu vivi. Nel percorso si passa dalla solitudine,
ed essa è necessaria al momento in cui cominci a scoprirti. Questo permette di
ritrovarsi, di rigenerarsi… Poi si fa sentire una facilità di adattamento, c’è
una libertà e una giustizia nelle relazioni: si sente precisamente quando si
deve partire o restare, è evidente, non c’è più ragionamento, si è capito, e
perfino il “capito” è di troppo.
3ème Mill.
Essere veri con se stessi permette di essere veri con l’altro… Questa relazione
conflittuale ti ha permesso di metterti sulla via di quello spogliarsi?
O.N. Si, è la sofferenza, dapprima quella di non
comprendere perché l’altro è così sordo… Lui e altri, perché è un riferimento
circondarsi di persone che hanno lo stesso tratto di carattere, soprattutto
quando nell’infanzia si è stati circondati da quel genere di persone. Vedere e
sentire che l’altro non è all’ascolto di ciò che è detto, è sorgente di una
profonda sofferenza. Perché battersi così e provare a far comprendere qualcosa
a qualcuno che non capisce? Poi, dopo la sofferenza, ci fu la comprensione che
non si poteva avere nessuna aspettativa
dall’altro.
3ème
Mill. Cos’è che in definitiva ha
permesso il passaggio da quello stato di sofferenza a un non-stato?
O.N. All’inizio ci sono state, grazie a una
sensibilità più acuta, delle percezioni. Un giorno, parlando con una persona,
ho sentito quello che era realmente, senza comprendere ciò che succedeva, poiché non avevo nessuna
conoscenza nel campo della spiritualità, e mi misi a piangere sentendo quella
bellezza, mentre la persona parlava, per lei in modo assolutamente normale.
Nel
febbraio del 1990, la terapia mi ha permesso di capire il perché di quella
“fragilità”. La sofferenza essendo andata ancora più lontano, per altri
avvenimenti esterni, mi permise di continuare a captare cose senza
comprenderle. E, verso il 2003, incontrai un terapeuta che, nel silenzio,
versò un’onda di energia, con una tale
forza che non c’era più niente da comprendere, nemmeno più bisogno di
ringraziare; era molto forte, ebbi l’impressione di essere salita per una
scala, non gradino per gradino, ma rampa per rampa… Molto brutalmente, il
contrasto tra ciò che vivevo nella materia e
quel livello era fortissimo… Ed è la ragione per la quale è stato
necessario un periodo di calma, di ritiro in solitudine.
3ème
Mill. E’ stata la sofferenza a
distruggere la sofferenza?
O.N. Si, è chiaro. Quando sono andata a vedere
quel terapeuta, avevo appena perso mio padre. Dovevo anche occuparmi di mia
madre disabile, e allo stesso tempo del mio lavoro… Ho solo detto al terapeuta:
“voglio morire”, e quando gli dicevo questo, sentivo che non ero io
profondamente che volevo morire, ma che non era il mio essere che desiderava morire; avevo un rifiuto totale
rispetto a ciò che avevo detto, ed è stato in quel momento che sono morta. E’
stato improvviso, e non c’era più bisogno di comprendere nulla. Quel terapeuta
non era lì per caso, ci voleva un canale nel momento in cui pronunciavo quelle
parole… Era veramente aperto; per provare a spiegarlo, era come se tutte le
cellule del mio corpo che erano nell’ombra si fossero all’improvviso orientate
verso la luce. La sera, rientrando a casa, non ho nemmeno potuto cenare; mi
sono coricata sul ventre, continuando a ricevere un’onda di energia dalla
schiena. Tutti i giorni, senza mescolarmi alla folla, andavo in chiesa per
sentirne la calma… ero semplicemente lì, seduta, protetta dal rumore e in presa
diretta…
Si, è la
sofferenza, l’intollerabile, la differenza dagli altri che mi ha condotto fin
lì. Senza quella sensazione di essere incompresa, non avrei cercato. Mi sentivo
semplice e fu la loro perversione, il veleno che mi iniettavano, che mi ha fatto sentire il
bisogno di comprendere. A forza di farmi iniezioni, cominciarono a impregnare
il mio ego della loro negatività, e ciò che diventò insopportabile era
quell’avvelenamento… non ne potevo più! Bisognava morire! Sono gli altri, come
i genitori, che hanno costruito il mio ego, da piccola ero molto spontanea, ma
circondata da gente molto difficile…Dei genitori, sempre chiusi in se stessi,
iniettano poco a poco, senza volerlo, il seme dell’ego. Tuttavia mi hanno fatto
un favore.
Infatti
l’ego è come un’ombra che ricopre il nostro essere; ed è questa ombra che è
toccata dall’ego degli altri. A forza di ricevere colpi, l’ombra può
incrinarsi, ma spesso le persone hanno paura di soffrire. Rifiutano di ricevere
colpi e mettono una chiusura… Allora restano nell’ombra! Quando si accetta
d’essere aperti, senza paura, non essendoci chiusura, si ricevono i colpi e
l’ego si scioglie.